Moltiplicatori del Tempo
ovvero
Elogio del Viaggio, dell'Esperienza, della Semplicità
Non ci si rende conto quanto sia bello viaggiare,
finché non si torna a casa
e si posa la testa sul vecchio, caro, cuscino.
Lin Yutang
Le vacanze sono una bella cosa. è bello ritrovare gli amici. è bello avere tempo.
Ma il tempo delle vacanze, delle giornate passate con gli amici, è fugace. Passa così velocemente, che a un certo punto, semplicemente, la vacanza è finita. Amaro in bocca.
Più che spesso la vacanza degli uomini si nutre di quel tipo di piacere un po' effimero. Pieno di se. Incapace di costruire esperienze e ricordi duraturi. Incapace di dare valore al tempo.
Siamo così schiavi del tempo durante tutto l'anno, con le nostre scadenze, i nostri orari d'ufficio, il nostro stupido programma personalizzato di time management che dovrebbe renderci migliori, le nostre lezioni ed esami, che alla fine non sappiamo più cosa fare del nostro tempo, proprio quando finalmente possiamo concedercelo.
In verità, occorre qui distinguere due tipi di uomini.
Il primo uomo è l'uomo che molla tutto, e scopre quanto il tempo può volare via velocemente. Va da un estremo all'altro. Ma gli estremi si assomigliano. Durante tutto l'anno è schiavo del tempo. D'estate, quasi per vendetta, lo schiavizza. Ma la vittima è sempre lui stesso, uomo incapace di far pace col tempo.
Il secondo uomo è l'uomo che struttura la sua vacanza come se fosse un lavoro. Mette la sveglia al mattino per andare a fare la sua gitarella programmata. A sera, esausto, non riuscirà comunque ad evitare di uscire, fingendo di divertirsi in apertivi affollati, dove racconterà la giornata che ha passato e quella che lo aspetta. A settembre fingerà di avere passato una vacanza stupenda, enumerando a chiunque si trovi sottobraccio tutte le cose che ha fatto, i posti dove è andato, etc.
E si. Spesso, per questo tipo d'uomo, è importantissimo viaggiare. Andare il più lontano possibile. L'anno scorso era il marocco. Quest'anno tutti a singapore. Potreste anche chiamarlo, se volete, il Milanese (il milanese, infatti, è così che vive, poverello).
In ogni angolo, lo spirito del viaggiatore può cogliere se stesso. Se fossi nato dall'altro lato del mondo, saresti già in capo ad esso.
Per sfuggire alla tristezza estremamente competitiva di questi due tipi apparentemente opposti, la Z., a un certo punto, ha scelto di concedersi una piccola semplice follia.
L'idea era semplice. Ma richiedeva alcuni piccoli preparativi. Così, dopo una nottata passata a organizzare tutto il necessario, e nonostante l'assenza di cose in effetti abbastanza utili, come un sacco a pelo o una tenda, ho preso il mio kayak, e mi sono messo in acqua insieme al sole.
In questo momento preciso. In cui non hai la terra sotto i piedi. E galleggi e molleggi. Inizia il viaggio.
Non è un viaggio per qualche luogo preciso. Non è importante avere una meta. Il viaggio è la meta. Una meta che si costruisce nell'esperienza di se stessa. Si tratta di un vero e proprio atteggiamento di ricerca. Con le parole di uno dei più rinomati puttanieri della storia, il mio vecchio amico Lord Byron:
Ma il tempo delle vacanze, delle giornate passate con gli amici, è fugace. Passa così velocemente, che a un certo punto, semplicemente, la vacanza è finita. Amaro in bocca.
Più che spesso la vacanza degli uomini si nutre di quel tipo di piacere un po' effimero. Pieno di se. Incapace di costruire esperienze e ricordi duraturi. Incapace di dare valore al tempo.
Siamo così schiavi del tempo durante tutto l'anno, con le nostre scadenze, i nostri orari d'ufficio, il nostro stupido programma personalizzato di time management che dovrebbe renderci migliori, le nostre lezioni ed esami, che alla fine non sappiamo più cosa fare del nostro tempo, proprio quando finalmente possiamo concedercelo.
In verità, occorre qui distinguere due tipi di uomini.
Il primo uomo è l'uomo che molla tutto, e scopre quanto il tempo può volare via velocemente. Va da un estremo all'altro. Ma gli estremi si assomigliano. Durante tutto l'anno è schiavo del tempo. D'estate, quasi per vendetta, lo schiavizza. Ma la vittima è sempre lui stesso, uomo incapace di far pace col tempo.
Il secondo uomo è l'uomo che struttura la sua vacanza come se fosse un lavoro. Mette la sveglia al mattino per andare a fare la sua gitarella programmata. A sera, esausto, non riuscirà comunque ad evitare di uscire, fingendo di divertirsi in apertivi affollati, dove racconterà la giornata che ha passato e quella che lo aspetta. A settembre fingerà di avere passato una vacanza stupenda, enumerando a chiunque si trovi sottobraccio tutte le cose che ha fatto, i posti dove è andato, etc.
E si. Spesso, per questo tipo d'uomo, è importantissimo viaggiare. Andare il più lontano possibile. L'anno scorso era il marocco. Quest'anno tutti a singapore. Potreste anche chiamarlo, se volete, il Milanese (il milanese, infatti, è così che vive, poverello).
In ogni angolo, lo spirito del viaggiatore può cogliere se stesso. Se fossi nato dall'altro lato del mondo, saresti già in capo ad esso.
Per sfuggire alla tristezza estremamente competitiva di questi due tipi apparentemente opposti, la Z., a un certo punto, ha scelto di concedersi una piccola semplice follia.
L'idea era semplice. Ma richiedeva alcuni piccoli preparativi. Così, dopo una nottata passata a organizzare tutto il necessario, e nonostante l'assenza di cose in effetti abbastanza utili, come un sacco a pelo o una tenda, ho preso il mio kayak, e mi sono messo in acqua insieme al sole.
In questo momento preciso. In cui non hai la terra sotto i piedi. E galleggi e molleggi. Inizia il viaggio.
Non è un viaggio per qualche luogo preciso. Non è importante avere una meta. Il viaggio è la meta. Una meta che si costruisce nell'esperienza di se stessa. Si tratta di un vero e proprio atteggiamento di ricerca. Con le parole di uno dei più rinomati puttanieri della storia, il mio vecchio amico Lord Byron:
Il viaggio deve allinearsi con le più severe forme di ricerca. Certo ci sono altri modi per fare la conoscenza del mondo. Ma il viaggiatore è uno schiavo dei propri sensi; la sua presa su un fatto può essere completa solamente quando è rafforzata dalla prova sensoriale; egli può conoscere davvero il mondo soltanto quando lo vede, lo sente e lo annusa. Lord Byron |
Se dunque il viaggio può non avere una meta fuori di se, ha sempre uno scopo.
Uno scopo invero decisamente importante.
Scopo del viaggiare è disciplinare l’immaginazione per mezzo della realtà e,
invece di pensare come potrebbero essere le cose,
vedere come sono in realtà.
Samuel Johnson
Si tratta di scoprire qualcosa. Qualcosa di molto semplice. Qualcosa che però ci sfugge continuamente, nell'eterno presente.
Credo che questo qualcosa sia legato al tempo. Credo che ci sia uno spirito nel viaggiare, e che vedere posti lontani, anno dopo anno dopo anno, vacanza dopo vacanza, non serva, da solo, a nutrire, o scoprire questo spirito.
Forse è uno spirito che, come un bambino che la possiede ma forse non lo sa, anela alla libertà.
Voglio confessare un paio di cose al lettore.
Forse, immaginando questo tipo di esperienza, lettore, dici a te stesso "è una sciocchezza", forte del fatto che quest'inverno, con gli amici ed una guida, hai fatto una pericolosa escursione su una alta montagna.
Forse lo sciocco sei tu, e la tua concezione di sfida è diversa da quella della Z. che scrive queste parole. Forse potresti pensarlo, se quella volta, quel viaggio, lo avessi fatto da solo.
Un viaggio fatto da soli non è un viaggio fatto con gli amici. Sono due viaggi completamente diversi.
Forse invece, lettore, stai pensando: non avrei mai il coraggio di prendere e partire da solo così.
Devo confessarlo: nemmeno io.
Tieniti stretta la tua paura. è un'ottima compagna e, se ben trattata, sa quando alzare la voce, e quando fidarsi di te, e lasciarti fare.
Semplicemente tienila con te, e quando parti, non la dimenticare a casa. è la cosa più importante di cui hai bisogno. Più importante di un sacco a pelo, più importante di una tenda, più importante di un paraspruzzi o di un giubbotto di salvataggio, più importante di quelle magliette tecniche in lycra alle quali credi di non poter rinunciare quando vai da decathlon.
Queste sono tutte cose che la Z. non aveva. Ma la paura, questa premurosa amica così apparentemente tiranna e difficile da trattare, l'ho semplicemente portata con me.
Ho scoperto un trucco. Mi è venuto naturale, ma allo stesso tempo è debitore delle conversazioni con un grande amico, che meglio di me sa cos'è questo tipo di viaggio, e del quale parlerò più avanti, nonchè naturalmente del mio lavoro, avendo condotto parecchie decine di persone a superare le proprie paure.
L'ho scoperto il primo giorno. Ma prima di questo, un'altra cosa ancora ho scoperto.
In effetti, appena partito, ho subito compreso di aver portato troppe cose con me. Il kayak non reggeva. Non avevo nemmeno portato le chiavi di casa. Erano passate le 5 del mattino. Dovevo forse rinunciare? Ma il pentimento spaventa certi uomini più di qualsiasi altra immaginazione, più di qualsiasi realtà, rendendoli capaci di osare.
Poco distante da casa, abita un buon amico. La sua villa è protetta da un cancello. Al piano terra c'è una taverna, dove si suona, si dipinge e ci si allena. Avevo con me molte buste della spazzatura, utili a tenere asciutti i vestiti, quando i tuoi mezzi non sono di qualità tecnica assoluta. Ne ho presa una e con grande, estrema chiarezza e velocità ho scelto tutte le cose da eliminare. Che strano: avevo passato tutta la notte a preparare lo zaino; avevo pensato e ripensato alle cose da portare. Ma solo in quel momento tutto mi sembrava chiaro. Immediato. Semplice. Risalendo la strada a piedi nudi, mi sono introdotto come un piccolo ladro in casa del mio amico, nascondendo la busta, ed attaccando sopra di essa un foglietto di carta che recitava qualcosa tipo: NON è SPAZZATURA. Passerò a riprenderla.
Così ho scoperto quanto è facile, al momento opportuno, rinunciare alle cose di cui crediamo di avere assoluto bisogno. Ma il momento opportuno, come diceva George Bernard Shaw, non bisogna aspettarlo. Devi crearlo.
Credo che questo qualcosa sia legato al tempo. Credo che ci sia uno spirito nel viaggiare, e che vedere posti lontani, anno dopo anno dopo anno, vacanza dopo vacanza, non serva, da solo, a nutrire, o scoprire questo spirito.
Forse è uno spirito che, come un bambino che la possiede ma forse non lo sa, anela alla libertà.
Voglio confessare un paio di cose al lettore.
Forse, immaginando questo tipo di esperienza, lettore, dici a te stesso "è una sciocchezza", forte del fatto che quest'inverno, con gli amici ed una guida, hai fatto una pericolosa escursione su una alta montagna.
Forse lo sciocco sei tu, e la tua concezione di sfida è diversa da quella della Z. che scrive queste parole. Forse potresti pensarlo, se quella volta, quel viaggio, lo avessi fatto da solo.
Un viaggio fatto da soli non è un viaggio fatto con gli amici. Sono due viaggi completamente diversi.
Forse invece, lettore, stai pensando: non avrei mai il coraggio di prendere e partire da solo così.
Devo confessarlo: nemmeno io.
Tieniti stretta la tua paura. è un'ottima compagna e, se ben trattata, sa quando alzare la voce, e quando fidarsi di te, e lasciarti fare.
Semplicemente tienila con te, e quando parti, non la dimenticare a casa. è la cosa più importante di cui hai bisogno. Più importante di un sacco a pelo, più importante di una tenda, più importante di un paraspruzzi o di un giubbotto di salvataggio, più importante di quelle magliette tecniche in lycra alle quali credi di non poter rinunciare quando vai da decathlon.
Queste sono tutte cose che la Z. non aveva. Ma la paura, questa premurosa amica così apparentemente tiranna e difficile da trattare, l'ho semplicemente portata con me.
Ho scoperto un trucco. Mi è venuto naturale, ma allo stesso tempo è debitore delle conversazioni con un grande amico, che meglio di me sa cos'è questo tipo di viaggio, e del quale parlerò più avanti, nonchè naturalmente del mio lavoro, avendo condotto parecchie decine di persone a superare le proprie paure.
L'ho scoperto il primo giorno. Ma prima di questo, un'altra cosa ancora ho scoperto.
In effetti, appena partito, ho subito compreso di aver portato troppe cose con me. Il kayak non reggeva. Non avevo nemmeno portato le chiavi di casa. Erano passate le 5 del mattino. Dovevo forse rinunciare? Ma il pentimento spaventa certi uomini più di qualsiasi altra immaginazione, più di qualsiasi realtà, rendendoli capaci di osare.
Poco distante da casa, abita un buon amico. La sua villa è protetta da un cancello. Al piano terra c'è una taverna, dove si suona, si dipinge e ci si allena. Avevo con me molte buste della spazzatura, utili a tenere asciutti i vestiti, quando i tuoi mezzi non sono di qualità tecnica assoluta. Ne ho presa una e con grande, estrema chiarezza e velocità ho scelto tutte le cose da eliminare. Che strano: avevo passato tutta la notte a preparare lo zaino; avevo pensato e ripensato alle cose da portare. Ma solo in quel momento tutto mi sembrava chiaro. Immediato. Semplice. Risalendo la strada a piedi nudi, mi sono introdotto come un piccolo ladro in casa del mio amico, nascondendo la busta, ed attaccando sopra di essa un foglietto di carta che recitava qualcosa tipo: NON è SPAZZATURA. Passerò a riprenderla.
Così ho scoperto quanto è facile, al momento opportuno, rinunciare alle cose di cui crediamo di avere assoluto bisogno. Ma il momento opportuno, come diceva George Bernard Shaw, non bisogna aspettarlo. Devi crearlo.